Onorevoli Colleghi! - La legge 5 febbraio 1992, n. 104 (legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), nel suo spirito più ampio ha individuato tutta una serie di situazioni nelle quali (o per le quali) è necessario intervenire al fine di rimuovere le eventuali «cause invalidanti», in modo da garantire l'effettivo godimento dei diritti civili, politici e patrimoniali.
      Come per tutte le leggi-quadro, si tratta di uno schema generale che, sebbene dettagliato e preciso, con il tempo necessita di integrazioni (anche normative) volte alla sua specifica applicazione; via via nel tempo, ci si accorge, infatti, che, sul piano pratico, l'applicazione della norma risulta meno ampia di quanto non fosse nello spirito della legge.
      L'argomento che si intende affrontare con la presente proposta di legge attiene al «diritto di voto». L'articolo 29 della citata legge-quadro n. 104 del 1992 coinvolge solo una parte dei soggetti portatori di handicap; solo una parte di essi può beneficiare di queste disposizioni ed esprimere così il proprio voto secondo le modalità ivi descritte.
      Neppure la legge 15 gennaio 1991, n. 15, recante norme intese a favorire la votazione degli elettori non deambulanti, ha potuto migliorare la situazione; certo sono state redatte norme che agevolano comunque gli elettori non deambulanti a «recarsi» in seggi diversi per poter esprimere il voto, ma essi devono comunque «recarsi», e moltissimi rimangono esclusi, moltissimi che hanno la sventura di trovarsi in uno stato di salute tale da non

 

Pag. 2

consentire loro di recarsi al seggio elettorale e depositare la propria scheda nella specifica urna. Purtroppo non si tratta di casi sporadici, ma di realtà abbastanza consistenti: le cifre parlano da sole e basta citare un solo (parziale) esempio a suo tempo riportato dalla stampa. Si parla di Roma, della capitale: nelle consultazioni provinciali di novembre 1998 solamente l'8 per cento dei seggi era stato attrezzato per consentire il voto ai disabili; in cifre esatte, significa 288 seggi su un totale di 3.600. È tristemente corrispondente al vero che delle difficoltà nell'espressione del voto la stampa parla ampiamente, ma quasi nulla si dice delle difficoltà, degli ostacoli che i disabili devono affrontare per poter raggiungere i seggi elettorali. E neppure si conoscono i numeri di quanti sono costretti a uno stato di immobilità tale da non poter uscire di casa; essi sono genericamente ricompresi fra i non votanti. E allora sembra doveroso assumere la presente iniziativa di legge, proponendo una soluzione immediata e non dispendiosa, al fine di avere il giusto e normale rispetto e senso civico che ci fa ribellare a questo stato di cose.
      Come si è già detto, adottare un sistema di «seggi mobili» mira ad ottenere un risultato più veloce e sicuramente molto meno impegnativo dal punto di vista strettamente economico. Non da ultimo va sottolineato che lo spirito di questa iniziativa legislativa è quello di muoversi nella direzione di agevolare e di rendere possibile l'esercizio del voto proprio da parte dei malati più gravi; infatti si può ben aggiungere che, attraverso questo strumento, saranno molti di più gli elettori che riusciranno ad esercitare ed esprimere il loro diritto di voto attivo.
      La delicatezza dell'argomento e la necessità di un intervento che risolva il problema, senza frapporre ulteriori discriminazioni nei confronti di quanti già soffrono quotidianamente per il loro stato di salute, saranno le motivazioni portanti e il filo conduttore di un dibattito politico costruttivo per una rapida approvazione della presente proposta di legge.
 

Pag. 3